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Ambiente

Il Presidente Draghi è intervenuto alla 76esima Assemblea generale delle Nazioni Unite

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Il Presidente Draghi è intervenuto alla 76esima Assemblea generale delle Nazioni Unite.

24 Settembre 2021 – Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, è intervenuto al Dibattito generale della 76esima Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite “Building Resilience through hope to recover from COVID-19, rebuild sustainability, respond to the needs of the planet, respect the rights of people, and revitalize the United Nations”. Pubblichiamo video e testo integrale dell’intervento.

Testo dell’intervento del Presidente del Consiglio Mario Draghi alla 76esima Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Signor Presidente dell’Assemblea generale,
Signor Segretario Generale,
Illustri Delegati,
Signore e Signori,

Da qualche tempo assistiamo a un progressivo indebolimento del multilateralismo, che ha garantito pace, sicurezza e prosperità a partire dal dopoguerra.
Gli ultimi mesi ci hanno però posto davanti a problemi che non possiamo risolvere da soli.

Penso alla pandemia, e al rischio di nuove e pericolose varianti del virus. Al cambiamento climatico e alla difesa della biodiversità. Alla ripresa economica e alla lotta alle diseguaglianze e all’insicurezza alimentare. Alla risoluzione dei conflitti e al contrasto al terrorismo.

Questi temi sono al centro dell’Assemblea Generale e dell’agenda del nostro Governo. Sono anche il cuore della Presidenza Italiana del G20, per cui abbiamo scelto il motto “People, Planet and Prosperity”. Dobbiamo rilanciare il multilateralismo, e renderlo efficace per affrontare le sfide del nostro tempo.

A più di un anno e mezzo dall’inizio della crisi sanitaria possiamo pensare al futuro con maggiore ottimismo. La campagna di vaccinazione ci ha restituito fiducia nella nostra capacità di conquistare una nuova normalità. In Italia e in Europa abbiamo riaperto gran parte delle attività economiche. Gli studenti sono tornati nelle scuole e nelle università. Dopo mesi di solitudine, la nostra vita sociale è finalmente ricominciata.

La pandemia non è però finita e anche quando lo sarà, avremo a lungo a che fare con le sue conseguenze. A livello globale, abbiamo davanti differenze drammatiche nella diffusione dei vaccini. Nei Paesi ad alto reddito, più del 65% della popolazione ha ricevuto almeno una dose. Nei Paesi più poveri, solo il 2%.

Queste disparità sono moralmente inaccettabili: meno vaccinazioni equivalgono a più morti. Inoltre, finché il virus continuerà a circolare liberamente, potrà mutare in modo pericoloso e mettere a rischio anche le campagne di vaccinazione più efficaci. Occorre aumentare la disponibilità di vaccini per i Paesi poveri e risolvere i problemi logistici perché le dosi arrivino dove c’è maggiormente bisogno. Dobbiamo inoltre preservare la libera circolazione dei vaccini a livello globale, e delle materie prime per produrli.  L’Italia offre pieno sostegno politico e finanziario alla COVAX Facility. Intendiamo triplicare le nostre donazioni di dosi di vaccino da 15 milioni a 45 milioni entro la fine del 2021, nel quadro di un più ampio sforzo europeo.

Le enormi differenze nelle campagne vaccinali rischiano di peggiorare le diseguaglianze tra Paesi. La pandemia ha avuto un effetto sociale ed economico negativo su tutti, ma le conseguenze per gli Stati a basso reddito sono state particolarmente severe. Ancora prima della crisi sanitaria, questi Paesi avevano vulnerabilità economiche significative, a partire dal debito. Molti dei loro cittadini vivevano sotto o appena sopra la soglia di povertà.

Le economie avanzate hanno potuto usare in modo molto robusto la politica monetaria e la politica di bilancio per contenere il contraccolpo economico.  Hanno speso il 28% del proprio prodotto interno lordo del 2020 per stimolare la crescita – a fronte di appena il 7% e il 2% nelle economie emergenti e a basso reddito. La divergenza economica rischia di cancellare anni di progressi nella lotta alla povertà e rendere ancora più difficile il raggiungimento degli obbiettivi di sviluppo sostenibile.

In particolare, la pandemia ha reso tutte le preoccupazioni riguardanti i sistemi alimentari ancora più urgenti. Condizioni meteorologiche estreme e interruzioni degli approvvigionamenti hanno contribuito all’aumento dei prezzi degli alimenti.  L’indice dei prezzi dei prodotti alimentari ha registrato ad agosto un aumento del 32% rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Secondo la FAO, l’anno scorso, più di 2,3 miliardi di persone non hanno avuto accesso a un’alimentazione adeguata con regolarità.

Durante la Presidenza italiana, il G20 ha adottato un pacchetto di misure economiche per aiutare i Paesi più fragili a superare gli effetti della pandemia e assisterli nei loro processi di sviluppo.  Abbiamo appoggiato la decisione da parte del Fondo monetario internazionale di emettere nuovi Diritti Speciali di Prelievo per un totale di 650 miliardi di dollari.

Di queste risorse, 33 miliardi di dollari sono destinati a Paesi africani e stiamo lavorando per incrementare ulteriormente tale quota.  Abbiamo accelerato il rifinanziamento di ‘IDA-20’, il fondo della Banca Mondiale per gli Stati più poveri. La Presidenza italiana intende facilitare una ristrutturazione del debito complessiva e sostenibile nei Paesi con un livello eccessivo di indebitamento.

L’Italia ha inoltre intrapreso azioni specifiche in materia di sicurezza alimentare. Abbiamo creato, insieme alla FAO, la “Food Coalition” per combattere la malnutrizione causata dalla pandemia di Covid-19 e abbiamo ospitato a Roma il Vertice preparatorio del Food Systems Summit. Tuttavia, dobbiamo essere pronti a iniziative ancora più ambiziose per sostenere i Paesi più poveri, in particolare in Africa.

L’Italia intende continuare ad assicurare il suo sostegno al continente africano, che è sempre più centrale per la sicurezza e la crescita economica mondiale. Dobbiamo incrementare gli investimenti, anche per consentire alle nuove generazioni africane di partecipare pienamente allo sviluppo sociale, economico e politico.

L’altra emergenza che abbiamo posto al centro della nostra agenda di Presidenza del G20 riguarda i cambiamenti climatici. L’ultimo rapporto IPCC delle Nazioni Unite ha mostrato come, in assenza di riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra, non riusciremo a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali.

Il numero di disastri naturali legati al clima è quintuplicato dagli anni Sessanta. Gli eventi meteorologici estremi sono destinati a intensificarsi nei prossimi decenni. Le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che i cambiamenti climatici causano già oggi 150.000 morti all’anno, che potrebbero diventare 250.000 tra il 2030 e il 2050. Dobbiamo agire ora, per tutelare il pianeta, la nostra economia e le generazioni future.

In qualità di Presidenza del G20 e partner del Regno Unito nella COP26, l’Italia intende raggiungere obiettivi ambiziosi sui tre pilastri dell’Accordo di Parigi: mitigazione, adattamento e finanza. Dobbiamo ridurre il più possibile, nel prossimo decennio, la CO2 prodotta da combustibili fossili e gli altri gas clima-alteranti, incluso il metano. E dobbiamo lavorare per adattare le nostre infrastrutture agli shock sempre più frequenti e violenti dei cambiamenti climatici.

L’Italia sostiene con convinzione il ruolo guida dell’Unione Europea nella transizione ecologica, e in particolare il suo impegno per una riduzione del 55% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050.  Tuttavia, l’UE rappresenta oggi solo l’8% delle emissioni globali, mentre i Paesi del G20 sono responsabili del 75%.

La lotta al cambiamento climatico richiede un impegno multilaterale e la cooperazione pragmatica di tutti i principali attori globali – sia le economie ricche sia quelle emergenti. Dobbiamo agire in modo incisivo, coordinato e simultaneo, ma nel rispetto delle diversità nazionali. Intendiamo raggiungere un’intesa globale per interrompere al più presto l’uso del carbone, e, coerentemente con questo obiettivo, per bloccare il finanziamento di nuovi progetti di questo tipo. Vogliamo eliminare gli incentivi ai combustibili fossili e promuovere la loro sostituzione con fonti rinnovabili.

La transizione ambientale ha dei costi significativi ed è essenziale che i governi si impegnino direttamente per aiutare cittadini e imprese a sostenerli. Ma può essere anche un motore di crescita economica.

Secondo un recente rapporto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, queste potrebbero impiegare più di 40 milioni di persone entro il 2050. In Italia e nell’Unione Europea abbiamo intrapreso un percorso di riforme e investimenti – il “Next Generation EU” – per sfruttare al meglio queste opportunità.

Ci auguriamo che la “Tavola Rotonda sul Clima” promossa lunedì scorso dal Segretario Generale Guterres e dal Primo Ministro Johnson imprima ulteriore slancio al percorso di negoziazione che ci condurrà al Vertice G20 di Roma e alla COP26 di Glasgow.

La prossima settimana, 400 giovani da tutto il mondo si incontreranno a Milano per formulare le loro proposte sul contrasto al cambiamento climatico.  Negli ultimi anni sono stati spesso i giovani a essere portatori di cambiamento e a spingerci a fare di più. È nostro dovere ascoltarli perché saranno loro a ereditare il pianeta.

Nell’ultimo anno si sono riproposte importanti questioni riguardanti la pace e la sicurezza. La principale è l’Afghanistan, dove abbiamo davanti il rischio di una catastrofe sociale e civile.Dobbiamo evitare che il Paese torni ad essere una minaccia per la sicurezza internazionale.

Mi riferisco in particolare alla presenza in territorio afghano di gruppi affiliati ad Al-Qaeda e Daesh. La comunità internazionale deve collaborare con efficacia, a partire dallo scambio di informazioni. L’Italia è da tempo impegnata nelle sedi internazionali in tema di contrasto al terrorismo.

Bisogna coniugare gli obiettivi in termini di sicurezza con la prevenzione, la tutela dei diritti umani, il rispetto dello stato di diritto. E occorre affrontare le cause profonde, economiche e sociali, che portano alla radicalizzazione e all’estremismo violento.

In Afghanistan stiamo assistendo allo smantellamento dei progressi degli ultimi 20 anni relativamente alla difesa delle libertà fondamentali, soprattutto per le donne. Tutti coloro che hanno sottoscritto la Carta delle Nazioni Unite e che si richiamano ai valori fondanti di questa Organizzazione devono impegnarsi per una risoluzione della crisi.

La comunità internazionale deve presentarsi coesa nell’esigere che tutti i cittadini afghani possano vivere in dignità, pace e sicurezza; che sia assicurata la tutela delle categorie vulnerabili; e che le donne mantengano i diritti fondamentali, primo fra tutti quello all’istruzione.

L’Italia è da sempre impegnata per promuovere il rispetto dei diritti umani nel mondo, e in particolare nell’ultimo triennio con una presenza attiva nel Consiglio per i Diritti Umani. La composizione del nuovo esecutivo afghano non risponde alle aspettative della comunità internazionale di un governo inclusivo e rappresentativo delle diverse componenti etniche, sociali e religiose del Paese. I nuovi governanti devono dimostrare con le loro scelte, e non solo a parole, di credere nel rispetto delle libertà individuali.

La crisi afghana deve essere affrontata anche per quanto riguarda le ripercussioni sulla stabilità della regione e sulla sicurezza. La sua complessità richiede necessariamente una strategia il più possibile condivisa. L’Italia si è immediatamente attivata per favorire il più ampio coordinamento fra i principali attori globali e regionali.

Come Presidenza di turno, abbiamo messo a disposizione la piattaforma del G20,per sua natura ampia ed inclusiva. Abbiamo promosso una riunione dei Ministri degli Esteri, in preparazione del vertice straordinario che si concentrerà sui temi dell’aiuto umanitario, della sicurezza e dei diritti umani.

La situazione umanitaria in Afghanistan è infatti la più immediata e condivisa preoccupazione, anche per l’approssimarsi della stagione invernale. Secondo il World Food Programme, una persona su tre nel Paese è esposta a insicurezza alimentare. L’Italia ha fiducia nella capacità del sistema delle Nazioni Unite di coordinare la risposta umanitaria internazionale, mobilitando risorse e assicurando un intervento rapido e coerente.

Ringrazio il Segretario Generale per aver organizzato il 13 settembre scorso la “pledging conference” di Ginevra, in cui i Paesi si sono impegnati a stanziare circa 1,2 miliardi di dollari in aiuti umanitari per l’Afghanistan. Il Vertice straordinario del G20 dovrà dare massimo sostegno a questi obiettivi.  Occorre poi assicurare un accesso pieno, sicuro, senza ostacoli e senza condizioni alle organizzazioni internazionali e agli operatori umanitari impegnati nell’assistenza.

L’Italia è in prima linea nel rispondere alla crisi umanitaria, a beneficio dei gruppi più fragili in Afghanistan e degli afghani che hanno lasciato, o che lasceranno, il Paese. Siamo pronti a intervenire anche a sostegno dei Paesi limitrofi che sono interessati dai flussi di rifugiati. Abbiamo deciso di utilizzare a fini umanitari le risorse precedentemente stanziate per attività di formazione delle forze di sicurezza e difesa afghane.

La crisi in Afghanistan, e in particolare il suo rapido peggioramento in seguito al ritiro di Resolute Support, ci impone una riflessione sul futuro delle missioni internazionali. In particolare, dobbiamo interrogarci sui loro obiettivi e sul modo migliore di perseguirli. Tuttavia, gli interventi internazionali rimangono uno strumento essenziale a sostegno della pace e della sicurezza.

L’Italia conferma convintamente il proprio impegno nell’ambito delle Nazioni Unite.
Siamo il primo contributore di Caschi Blu tra i paesi occidentali e il settimo contribuente al bilancio delle operazioni di pace ONU.  Militari italiani sono dispiegati in 5 missioni ONU in Mali, Sahara Occidentale, Cipro, al confine tra India e Pakistan, e soprattutto in Libano, dove deteniamo il comando della missione UNIFIL e schieriamo uno dei contingenti più numerosi. Siamo convinti che l’Unione Europea debba consolidare progressivamente il proprio ruolo in questo campo, in linea con le ambizioni del progetto europeo e in piena complementarità con l’Alleanza Atlantica.

L’attenzione con cui seguiamo la situazione in Afghanistan e in tutta l’Asia Centrale non deve distoglierci dall’instabilità che continua a caratterizzare il Mediterraneo allargato. In particolare, sosteniamo sul piano multilaterale, bilaterale e all’interno dell’Unione Europea, il processo di transizione in Libia per una soluzione sostenibile e inclusiva della crisi.

L’obiettivo è completare il percorso tracciato dagli stessi libici per rinnovare il quadro istituzionale nazionale, in modo unitario, senza interferenze esterne e sotto l’egida dell’ONU.  La comunità internazionale deve lavorare insieme alle istituzioni e al popolo libici per superare lo stallo attuale. Dobbiamo garantire lo svolgimento delle elezioni previste per il prossimo 24 dicembre e la piena attuazione del cessate il fuoco.

L’altro aspetto legato alla crisi libica riguarda le migrazioni, la cui corretta gestione richiede una risposta comune da parte della comunità internazionale. Dobbiamo lottare con efficacia contro il traffico di persone, assicurare una mobilità internazionale regolare, e tutelare la vita delle persone. È essenziale un’azione multilaterale, strutturata intorno ai principi di condivisione degli oneri e delle responsabilità.

L’Unione Europea e i suoi Stati Membri devono rafforzare il dialogo in materia migratoria con i Paesi di origine e transito dei migranti per arrivare a una responsabilità congiunta nella gestione dei flussi. A questi principi è ispirata la cooperazione in materia tra Unione Europea e i partner africani, di cui l’Italia è stata da subito promotrice e che intendiamo rafforzare.

Desidero esprimere il sincero apprezzamento del Governo italiano per il fondamentale lavoro di assistenza svolto dalle organizzazioni delle Nazioni Unite in Libia e, più in generale, nelle tante aree di crisi. In particolare, mi riferisco all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

L’Italia intende continuare a operare con impegno per promuovere gli ideali universali di pace, sviluppo, e la tutela e la promozione dei diritti umani. Questi costituiscono non solo il centro dell’azione dell’ONU, ma anche la base della Costituzione italiana, dell’Unione Europea e del legame transatlantico. I principi ispiratori della Carta delle Nazioni Unite, richiamati nella nostra Dichiarazione politica solenne adottata in occasione dei 75 anni dell’Organizzazione, sono ancora oggi un nostro punto di riferimento.

Nell’architettura dell’ONU, il Consiglio di Sicurezza deve poter continuare ad adempiere al proprio ruolo a tutela della pace e della sicurezza internazionale.  Sosteniamo la necessità di una riforma condivisa e consensuale del Consiglio di Sicurezza, che rafforzi la rappresentanza regionale e garantisca una più equa distribuzione geografica dei seggi attraverso un incremento dei soli membri eletti.
Il nostro obiettivo è rendere il Consiglio più rappresentativo, democratico, efficiente, trasparente e responsabile.

La risposta alle sfide che dobbiamo affrontare – dalla pandemia, al cambiamento climatico, alle crisi internazionali – risiede nel multilateralismo efficace, fondato su un dialogo inclusivo e aperto. È in questa prospettiva che l’Italia intende continuare ad assicurare il proprio contributo di idee e risorse, a beneficio di tutta la comunità internazionale.