Consiglio europeo, le Comunicazioni del Presidente Draghi al Senato
20 Ottobre 2021 – Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha reso prima al Senato della Repubblica e poi alla Camera dei Deputati le Comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre.
Consiglio europeo del 21 e 22 ottobre: Comunicazioni al Senato
Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
Nell’intervento di oggi intendo affrontare i temi in discussione nel Consiglio europeo di questa settimana.
Si tratta di pandemia e vaccini; transizione digitale; costo dell’energia; migrazioni; commercio estero; impegni internazionali e in particolare la COP26.
Dopo un avvio stentato, la campagna di vaccinazione europea ha raggiunto risultati molto soddisfacenti.
Nell’Unione europea, quasi quattro adulti su cinque hanno avuto almeno una dose, per un totale di 307 milioni di persone.
In Europa, abbiamo somministrato 130 dosi di vaccino per 100 abitanti, a fronte delle 121 negli Stati Uniti.
In Italia, la campagna procede più spedita della media europea.
A oggi, l’86% della popolazione sopra i 12 anni ha ricevuto almeno una dose e l’81% è completamente vaccinata.
Voglio ricordare che prima dell’ultimo Consiglio europeo, a fine giugno, meno di un terzo della platea aveva completato il ciclo vaccinale. Oggi, come ho detto, è l’81 per cento che è completamente vaccinato.
Negli ultimi tre mesi e mezzo, l’Italia ha dunque vaccinato metà della popolazione con più di 12 anni.
Uno sforzo straordinario, per cui dobbiamo essere grati al nostro sistema sanitario, a partire da medici e infermieri, e all’immane opera logistica che è stata compiuta sin dall’inizio di questo governo.
Voglio inoltre ringraziare ancora una volta tutti i cittadini che hanno scelto di vaccinarsi, in particolare i giovani e i giovanissimi.
E anche chi ha deciso di farlo nelle scorse settimane, dopo aver superato le proprie esitazioni.
La curva epidemiologica è oggi sotto controllo grazie al senso di responsabilità dei cittadini.
Questo ci permette di tenere aperte le scuole, le attività economiche e i luoghi della nostra società.
Il Consiglio europeo riaffermerà il proprio impegno a contribuire alla solidarietà internazionale in materia di vaccini.
Dobbiamo incrementare la fornitura di dosi ai Paesi più fragili, perché possano proteggere i loro cittadini e per impedire l’insorgenza e la diffusione di nuove e pericolose varianti.
Solo il 2,8% di chi vive in un Paese a basso reddito ha ricevuto almeno una dose di vaccino, a fronte di quasi il 50% della popolazione mondiale.
L’Italia ha recentemente triplicato le donazioni di vaccino, da 15 a 45 milioni di dosi, da distribuire principalmente attraverso il meccanismo COVAX.
A oggi, abbiamo assegnato più di 11 milioni: circa tre milioni ciascuno a Vietnam e Indonesia, 1,5 milioni all’Iran e 700 mila a Libano, Yemen e Iraq. Segue anche un lungo elenco di stati. L’Albania con 188mila, l’Uganda con 488mila, la Libia con 261mila, e poi la Macedonia, la Costa d’Avorio, l’Algeria.
Al Consiglio, discuteremo inoltre dell’approccio europeo per affrontare e superare eventuali future pandemie.
Al Global Health Summit dello scorso maggio abbiamo firmato la “Dichiarazione di Roma”, che ci impegna a migliorare la condivisione di dati e conoscenze a livello globale.
Dobbiamo investire nella scienza e nella ricerca, che ci hanno permesso di avere vaccini efficaci e sicuri in pochi mesi.
A settembre, la Commissione europea ha inaugurato HERA, l’autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie.
Il suo scopo è migliorare il coordinamento interno all’Unione sia nella preparazione che nella gestione di crisi future.
Si occuperà ad esempio dell’attivazione di misure di emergenza per lo sviluppo, l’approvvigionamento e la distribuzione di prodotti medici e sanitari.
Dobbiamo evitare il ripetersi dei pericolosi episodi di protezionismo sanitario a cui abbiamo assistito nei primi mesi della pandemia.
Continueremo a lavorare per migliorare la risposta globale a future crisi sanitarie e in tutte le sedi multilaterali appropriate.
Per quanto riguarda l’agenda digitale, il Consiglio intende definire la tabella di marcia per gli obiettivi del 2030, anche con l’indicazione di scadenze e di un sistema di monitoraggio.
Gli obiettivi europei per il 2030 riguardano quattro aree prioritarie: infrastrutture digitali sicure, efficienti e sostenibili; trasformazione digitale delle imprese; digitalizzazione dei servizi pubblici; la formazione di competenze digitali.
L’Italia ha fatto propri questi obiettivi e ne ha anticipato il raggiungimento al 2026, anche grazie alle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Siamo ancora indietro su questo campo, molto indietro, ma intendiamo colmare rapidamente il divario che ci separa dal resto d’Europa, e in alcuni settori arrivare a guidare la transizione digitale europea.
Per farlo abbiamo stanziato 50 miliardi di euro, oltre un quarto della dotazione complessiva del Piano.
La Presidenza del Consiglio e i Ministri coinvolti hanno già predisposto meccanismi di verifica sui progressi compiuti.
Questi non saranno eccessivamente gravosi, questi meccanismi di verifica, e saranno basati su indicatori attendibili su cui mi aspetto anche di riferire in Parlamento.
Allo stesso tempo, dobbiamo migliorare la collaborazione tra gli Stati membri dell’UE nel digitale.
Vogliamo trovare soluzioni condivise su quattro versanti: prima di tutto la sicurezza cibernetica, la concorrenza, i servizi digitali e l’intelligenza artificiale.
Sul fronte della cybersicurezza, il nostro obiettivo è garantire un quadro normativo chiaro e identificare risposte rapide e coordinate.
L’Italia, come sapete si è dotata recentemente di un’Agenzia per la cybersicurezza nazionale che promuove lo sviluppo di capacità di prevenzione, monitoraggio, rilevamento e mitigazione.
È un tema prioritario per l’Europa, che metterà in campo degli strumenti legislativi appositi.
Sulla concorrenza, lavoriamo sulle proposte di regolamentazione europea per il mercato e i servizi digitali.
L’Italia sostiene la proposta di Regolamento sui mercati digitali e ne auspica la pronta adozione.
Intendiamo poi fissare adeguate garanzie per la libertà di impresa e di espressione.
Occorre assicurare al contempo la non discriminazione e la corretta attribuzione delle responsabilità sulla distribuzione e pubblicazione di contenuti e prodotti on line.
L’Italia sostiene il Regolamento UE sui servizi digitali, anche per proteggere efficacemente prodotti e contenuti realizzati in Italia.
La nostra convinzione è che quello che è illecito off line debba essere illecito anche on line.
Infine, sull’intelligenza artificiale, il nostro obiettivo è promuoverne la sperimentazione e soprattutto renderne l’utilizzo più sicuro e trasparente.
Allo stesso tempo, dobbiamo alimentare la fiducia dei cittadini per queste nuove soluzioni tecnologiche.
La Strategia nazionale sull’intelligenza artificiale adottata dal Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale costituisce il quadro per migliorare il posizionamento competitivo del nostro Paese.
Una sfida decisiva per l’Europa è raggiungere l’autonomia tecnologica nei semiconduttori e nelle tecnologie quantistiche.
L’Europa è passata dal 44% della capacità globale di semiconduttori nel 1990 ad appena il 9% nel 2021.
Dipendiamo sempre di più dalle forniture extra-europee.
Quando queste ritardano o si bloccano, come è accaduto in questi mesi di ripartenza economica, le aziende possono vedersi costrette a fermare o rallentare di molto la loro produzione.
L’Unione europea intende produrre il 20% della produzione mondiale dei semiconduttori entro il 2030.
Per farlo, dobbiamo intervenire subito e con decisione.
La Cina e gli Stati Uniti lo stanno già facendo, investendo decine di miliardi ciascuno in questo settore.
Per darvi un’idea, i sussidi statali di Cina e Stati Uniti vanno dal 30 al 60% del costo di un impianto di semiconduttori. Questo, in realtà, fa venire alla mente un punto più generale: per fare questa transizione ecologica, per fare questa transizione digitale, non ci sono alternative all’intervento dello Stato.
Lo Stato non può che essere pienamente impegnato. Altrimenti, se non c’è lo Stato, queste due transizioni non avverranno.
E questo vale anche nei nostri rapporti con gli altri Paesi dell’Unione Europea per quanto riguarda le molte regole che sono state sospese in questo momento.
Su questi aspetti, sicuramente ci sarà un’altra occasione per parlarne qui, man mano che le discussioni su queste regole procederanno nei prossimi mesi, ma ho voluto illustrare alcuni punti, forse il punto fondamentale che bisogna affrontare nella discussione sulla ricostruzione di queste regole.
L’Unione europea deve mettere insieme le capacità di ricerca, progettazione, sperimentazione e produzione di tutti i Paesi europei per creare, ad esempio, un ecosistema europeo di microchip all’avanguardia.
Sosteniamo con convinzione la proposta della Commissione UE di adottare uno European Chips Act, che è esattamente quel che han già fatto gli Stati Uniti, per coordinare investimenti e produzione europei di microchip e circuiti integrati.
Dobbiamo inoltre agire con la massima urgenza per rafforzare la cooperazione tra pubblico e privato e attrarre investimenti alla frontiera tecnologica.
Un altro tema che tratteremo questa settimana è quello del costo dell’energia.
Negli ultimi mesi, abbiamo assistito a un forte aumento del costo del gas e dell’elettricità.
Questi rincari sono dovuti principalmente ai movimenti dei prezzi sui mercati internazionali.
La domanda di energia da parte di famiglie e imprese è aumentata a livello europeo e sui mercati asiatici, e ha contribuito a ridurre le scorte e le forniture disponibili.
Il Governo si è impegnato a contenere il rincaro delle bollette.
Lo scorso giugno avevamo già stanziato 1,2 miliardi per ridurre gli oneri di sistema.
Poche settimane fa, siamo intervenuti ulteriormente, con più di 3 miliardi, per calmierare i prezzi nell’ultimo trimestre dell’anno, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.
E, a proposito di questo, certamente un criterio equitativo deve essere sempre tenuto presente nell’affrontare i costi di queste due transizioni. Qui sto parlando della transizione energetico-climatica, ma anche nella transizione digitale. Queste due transizioni comporteranno dei costi che vanno distribuiti avendo in mente l’eguaglianza.
Si tratta di misure immediate, a cui dovranno necessariamente seguirne altre di lungo periodo per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e prevenire un’eccessiva volatilità dei prezzi.
Il 13 ottobre, la Commissione ha pubblicato una Comunicazione sul tema dell’aumento del costo dell’energia.
Il documento descrive gli interventi emergenziali possibili per gestire la situazione attuale e ipotizza soluzioni per rendere le forniture più sicure e affidabili in futuro.
Il Governo italiano ha sollecitato la Commissione a esplorare rapidamente l’opzione di acquisti e stoccaggi congiunti di gas naturale su base volontaria con misure di medio periodo.
Questa strategia può essere utile per resistere meglio agli shock e sviluppare le capacità industriali di deposito.
La Commissione presenterà una proposta di revisione del quadro normativo entro dicembre.
Il nostro obiettivo di medio termine resta quello di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e aumentare sostanzialmente l’utilizzo di fonti rinnovabili.
Vogliamo procedere con la transizione ambientale e rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo posti per il 2030 e il 2050.
Allo stesso tempo, lo Stato deve tutelare le fasce più deboli della popolazione, come dicevo prima, dai costi della trasformazione energetica e assicurarsi che i tempi della transizione siano compatibili con le capacità di adattamento delle aziende.
Perché la riconversione del nostro sistema economico abbia successo, è necessario il sostegno di tutti: istituzioni, imprese, cittadini.
Dobbiamo portare avanti un’agenda climatica ambiziosa e fare in modo che le nostre scelte siano accettate e condivise in maniera ampia dalla popolazione.
Per dimostrare, quel che abbiamo detto e un po’ dicono tutti, che la transizione ecologica non comporta necessariamente una distruzione dei posti di lavoro, ma semmai un ampliamento dell’occupazione.
Ci sono alcuni dati che cominciano a venire fuori in Paesi che hanno affrontato più rapidamente alcuni passi della transizione e dal punto di vista dell’occupazione per il momento sono incoraggianti.
Però, questo è un punto da tenere presente nella velocità di attuazione di questa agenda climatica.
Per quanto riguarda le migrazioni, l’Italia aveva promosso una discussione sul tema nel Consiglio europeo di giugno, con l’obiettivo di incoraggiare una gestione davvero europea dei flussi.
Anche i Paesi preoccupati dai cosiddetti “movimenti secondari” hanno preso atto dell’importanza di prevenire e contenere i flussi irregolari e di incentivare i canali di migrazione legale.
Su quest’ultimo aspetto, l’Europa dovrebbe impegnarsi di più, seguendo ad esempio il modello dei cosiddetti corridoi umanitari.
Il Consiglio di giugno si è impegnato a lavorare con i Paesi di origine e di transito, in collaborazione con l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione.
Questa prospettiva concordata ora necessita di un’attuazione puntuale.
Due degli impegni previsti hanno scadenza questo autunno.
Il primo è la presentazione da parte della Commissione e dell’Alto Rappresentante Borrell, in collaborazione con gli Stati Membri, di piani d’azione per i Paesi di origine e transito prioritari.
Questi piani devono includere obiettivi, misure di sostegno, tempistiche precise.
Il secondo è la presentazione di un rapporto al Consiglio sul miglior utilizzo possibile di almeno il 10% dei fondi dello strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale.
Quest’estate, l’Italia ha continuato a far fronte agli obblighi internazionali di salvataggio in mare e di garanzia di protezione internazionale agli aventi diritto.
Lo abbiamo fatto con umanità, per difendere i valori europei della solidarietà e dell’accoglienza.
Ma è essenziale che, già a questo Consiglio, la Commissione presenti piani d’azione chiari, adeguatamente finanziati, e rivolti con pari priorità a tutte le rotte del Mediterraneo, compresa quella meridionale.
A questi piani andrà poi data una rapida attuazione.
L’Unione europea deve inoltre prestare attenzione alla specificità delle frontiere marittime e all’effettiva stabilità politica della Libia e della Tunisia.
Intendo proporre che la Commissione europea aggiorni i capi di Stato e di Governo in ciascun Consiglio europeo sul grado di attuazione e di avanzamento degli impegni assunti.
Solo in questo modo potremo rendere conto ai nostri Parlamenti e soprattutto ai nostri cittadini dei progressi compiuti a livello europeo, e di quello che ancora resta da fare.
Il Consiglio europeo discuterà anche di commercio internazionale.
Dall’inizio di quest’anno abbiamo assistito a una ripresa robusta degli scambi tra Paesi.
È un’ottima notizia, visto che il peso delle esportazioni nella nostra economia è aumentato.
In Italia, i valori dei beni esportati nel secondo trimestre di quest’anno erano del 5% più alti che nello stesso periodo di due anni fa, prima della pandemia.
Quindi, in sostanza, la crescita delle esportazioni ha ora superato la crescita che avveniva prima della pandemia.
Questa crescita nelle esportazioni, e ora anche in generale nel prodotto, è stata però ostacolata da colli di bottiglia, nell’approvvigionamento di materiale e interruzioni nelle catene di fornitura.
La difficoltà nel reperire materie prime e componenti, unita a rallentamenti nei processi di trasporto e consegna, hanno contribuito ovunque a un aumento del tasso d’inflazione.
Un tema fondamentale per la politica commerciale europea è quello del contrasto al protezionismo.
E dobbiamo migliorare i meccanismi multilaterali esistenti basati sulle regole e incoraggiarne l’utilizzo ampio e condiviso.
Per quanto riguarda la riforma dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ci auguriamo che la Dodicesima Conferenza Ministeriale di fine novembre abbia successo, e che si superino le criticità nei negoziati sui sussidi alla pesca e sulla politica commerciale e sanitaria post-Covid-19.
Infine, il Consiglio europeo discuterà di relazioni esterne.
Il 30 e 31 ottobre si terrà a Roma il vertice del G20, che concluderà l’anno della presidenza italiana.
La scorsa settimana abbiamo tenuto una riunione straordinaria del G20 sull’Afghanistan, in cui ci siamo concentrati sugli aiuti umanitari, sulla lotta al terrorismo e sulla mobilità.
A Roma, ci occuperemo principalmente dei temi della Presidenza italiana: dalla lotta al cambiamento climatico, alla pandemia, al sostegno della ripresa globale.
In particolare, anticiperemo alcune delle negoziazioni che si terranno durante la COP26 di Glasgow per la quale l’Italia è in partenariato con il Regno Unito.
Come sapete, l’Italia e il Regno Unito co-presiedono la conferenza di Glasgow.
L’Unione europea si è posta obiettivi ambiziosi.
Questi includono la riduzione delle emissioni di gas climalteranti del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030, e il raggiungimento di zero emissioni nette nel 2050.
Tuttavia, senza il coinvolgimento delle maggiori economie mondiali – come sapete, l’Unione europea è responsabile di appena l’8% delle emissioni globali – non potremo rispettare gli accordi di Parigi e contenere il riscaldamento globale entro un grado e mezzo.
I Paesi del G20 nel loro complesso producono circa tre quarti del totale mondiale delle emissioni.
La crisi climatica può essere gestita solo se tutti i principali attori globali decidono di agire in modo incisivo, coordinato e simultaneo.
In tutti questi ambiti, l’Italia intende muoversi con convinzione per tutelare l’interesse dei cittadini italiani e di quelli europei.
L’appoggio del Parlamento, il vostro appoggio, è decisivo perché la nostra azione possa davvero essere efficace.
Vi ringrazio per le vostre osservazioni e per la pazienza con cui mi avete ascoltato.
Grazie.